Scrollando il feed di Instagram, mi sono imbattuta in un reel che riprendeva un pezzo di intervista rilasciata da Italo Calvino nel 1981.
Quello che gli veniva chiesto, in un programma RAI, era “dire tre chiavi, tre talismani per il 2000“.
Calvino risponde testualmente:
– Imparare delle poesie a memoria, molte poesie a memoria. Da bambini da giovani, anche da vecchi perché quelle fanno compagnia. Uno se le ripete mentalmente e poi lo sviluppo della memoria è molto importante.
– Fare dei calcoli a mano, delle divisioni delle estrazioni di radice quadrata, cose molto complicate.
– Combattere l’astrattezza del linguaggio che ci viene imposto con delle cose molto precise.
– Sapere che tutto quello che abbiamo ci può essere tolto da un momento all’altro.
Ho pensato a qual è l’ultima volta che ho imparato una poesia a memoria e se me la ricordo ancora. Posso recitare solo Ungaretti, per la brevità delle sue poesie.
Non posso recitare Leopardi o Pascoli sebbene so che nella mia memoria erano presenti dal primo all’ultimo verso.
Ho deciso quindi di imparare una poesia di Patrizia Cavalli.
Questa poesia
Ho iniziato la sera stessa: i primi 2 versi si sono impressi velocemente, ma mano a mano che volevo memorizzare il resto, mi son resa conto che usavo delle parole imprecise. Mettevo articoli, preposizioni, possessivi nei posti sbagliati.
Il senso non cambiava, ma sentivo che c’era una stonatura.
Ho dovuto imparare lo stile, l’anima della poesia dettata dalla posizione e scelta di ogni singola parola. Una volta mi è capitato di sostituire dentro con nella e il mio verso mi è apparso molto meno intenso.
Alla terza sera volevo quasi arrendermi, ma mi è stato consigliato di provare a memorizzarla al mattino a mente fresca.
Così ho iniziato a dirla a memoria, lentamente finché non ha iniziato a fluire come una preghiera.
È stato da allora che a volte mi rifugio in questo poema scenografico ricco di emozioni. Un incontro tra due amanti.